HIKIKOMORI UNA SILENZIOSA VIOLENZA O UN GRIDO DI AIUTO?
- Davide Perego | Dottore in Scienze e Tecniche Psicologiche
- 29 apr
- Tempo di lettura: 3 min
hikikomori (in italiano IPA: /hikiko'mɔri/; in giapponese 引(ひ)き籠(こ)もり o 引(ひ)きこもり, lett. "stare in disparte" o "staccarsi"; dalle parole hiku, "tirare", e komoru, "ritirarsi" o "chiudersi"
È un fenomeno che viene per la prima volta diagnosticato dallo psichiatra giapponese Tamaki Saito che attraverso Il saggio Hikikomori: Adolescence without end (1998; Hikikomori: adolescenza senza fine) ha reso consapevole il mondo in merito al dolore dell’hikikomori e alla sua diffusione nella società. Il fenomeno si è sviluppato in Giappone negli anni 80 dove conta oggi un numero di casi che supera il milione; si è diffuso negli Stati Uniti e nell’occidente agli inizi del XXI secolo; in Italia oggi si contano circa 66.000 persone affette da questo problema con maggiore incidenza tra maschi adolescenti e giovani adulti dai 14 ai 25 anni.
È importante prendere atto che attualmente la sindrome di hikikomori non rientra in nessuna categoria del DSM-5 (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, quinta edizione) e dell’ICD-10 (International Classification of Diseases; Organizzazione Mondiale della Sanità, 1992), per cui non è possibile farne diagnosi.
Ma in cosa consiste il fenomeno?
"Hikikomori", come abbiamo visto in apertura, significa "stare in disparte" e viene utilizzato per indicare chi decide di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi, alle volte anni, tanto che esistono casi di ex adolescenti oramai divenuti adulti che vivono in isolamento sociale da oltre 20 anni; testimoniando la cronicità del fenomeno che porta potenzialmente l’individuo a isolarsi per l’intera vita. Sono soliti rinchiudersi nelle proprie abitazioni, evitando qualsiasi tipo di contatto diretto con il mondo esterno, talvolta anche con i familiari.
Secondo Marco Crepaldi, psicologo fondatore dell’associazione Hikikomori Italia: “Alla base di questa condizione, c’è un disagio adattivo sociale. I giovani, che sperimentano una forte ansia sociale, faticano a relazionarsi con i coetanei e ad adattarsi alla società. Sono spesso ragazzi molto intelligenti, con un elevato QI, ma di carattere molto introverso e introspettivo, sensibili e inibiti socialmente, convinti di stare meglio da soli, lontani da tutti”.
La causa del fenomeno, continua Crepaldi, è da ricercarsi all’interno dei rapporti in famiglia: “Proteggendoli eccessivamente e impedendo loro di compiere errori, di fatto li si porta al fallimento di uno step evolutivo. I ragazzi hikikomori sono eterni adolescenti che hanno un rapporto conflittuale con i genitori da cui sono dipendenti, ma che allo stesso modo trattano male, alle volte usando contro di loro violenza verbale e fisica”.
Dagli ultimi studi in merito, sono molti i fattori che aumentano la pressione sociale percepita dalle nuove generazioni. Per esempio, l’aumento delle famiglie a figlio unico, che spesso innalzano le aspettative familiari, il bullismo e il cyberbullismo o ancora la diffusione e la dipendenza dai social network che forniscono un’immagine distorta della vita e dei valori.
Secondo l’associazione “Hikikomori Italia”: “I primi campanelli d’allarme sono il rifiuto saltuario di andare a scuola, il luogo maggiormente sofferto in quanto fonte di grande disagio sociale, l’inversione del ritmo sonno-veglia, preferendo dormire durante il giorno e stare svegli durante la notte, e, infine, l’aumento del tempo trascorso in attività solitarie, in particolare giocando o navigando sul web.”
Secondo Saito invece, che come abbiamo visto è tra gli scopritori del fenomeno, l'hikikomori deriva da una reazione difensiva che mira a proteggere il proprio ego. L’individuo vuole proteggere se stesso tagliando le connessioni sociali, quando esausto o particolarmente stressato.
Sarebbe quindi utile adoperarsi come fa gattostizzito nell’aiutare l’altro a fidarsi di noi, ricordandogli che già nel XIV secolo il monaco Tommaso da Kempis diceva: “Se saprai sorridere con chi sorride, piangere con chi soffre, e saprai amare senza essere riamato, allora, figlio mio, chi potrà contestarti il diritto di esigere una società migliore? Nessuno, perché tu stesso, con le tue mani, l'avrai creata!”
Davide Perego
Dottore in Scienze e Tecniche Psicologiche
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