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Lo sviluppo dell'intelligenza emotiva nella “costruzione” dell'empatia

Davide Perego | Dottore in Scienze e Tecniche Psicologiche

empatìa s. f. [comp. del gr. ἐν «in» e -patia, per calco del ted. Einfühlung (v.)]. – In psicologia, in generale, la capacità di comprendere lo stato d’animo e la situazione emotiva di un’altra persona, in modo immediato, prevalentemente senza ricorso alla comunicazione verbale. Più in partic., il termine indica quei fenomeni di partecipazione intima e di immedesimazione attraverso i quali si realizzerebbe la comprensione estetica.


In termini popolari essere empatici significa saper riconoscere le emozioni di chi incontriamo come se fossero nostre, permettendoci di indossare “gli occhiali dell’Altro” accogliendo il Suo mondo di pensieri, sentimenti ed emozioni.

Significa quindi sapersi “mettere nei panni dell’Altro”, comprendendolo nell’intimità del proprio Sé.


Norma Feshbach fu la prima a superare la visione monolitica della capacità empatica, attribuendole un modello dimensionale in cui processi cognitivi e affettivi si integrano, elaborando il primo strumento scientifico per rilevare l’”item” Empatia, denominato FASTE (Feshbach Affective Situation Test for Empathy).

Feshbach si concentrò molto sulle caratteristiche prosociali dell’empatia scoprendo la capacità che ha di migliorare i rapporti interpersonali, inibendo l’aggressività e promuovendo il comportamento prosociale.


Martin Hoffman ampliò il modello attribuendogli tre componenti: affettiva, cognitiva e motivazionale. L’empatia affettiva è nella maggioranza degli individui una qualità innata che si manifesta fin dai primi giorni di vita.

Con la crescita del bambino, la componente cognitiva acquisisce un’importanza sempre maggiore che sommata alla componente affettiva andrà a far evolvere lo sviluppo delle caratteristiche empatiche. La terza e ultima componente motivazionale deriva dalle prime esperienze di empatia nei confronti di chi soffre, che concretamente motiva la messa in atto di comportamenti di aiuto, in quanto condividere l’emozione dolorosa implica il desiderio di aiutare chi è in difficoltà, provocando uno stato di benessere per entrambi; al contrario se si scegliesse di non confortare l’Altro si verrebbe incontro a un senso di colpa crescente.

L’acquisizione della funzione empatica, a causa della complessità dei meccanismi cognitivi implicati, ha un’evoluzione graduale che si assesta in media intorno ai 13 anni.


In media intorno ai 13 anni…


Significa che dai 13 anni siamo predisposti a provare empatia per l’Altro diverso da noi.

Per offrire a Lui il nostro aiuto.

Per soccorrerlo. Per prendere le Sue difese.

Per comprenderlo.

Per accoglierlo.

Per non attaccarlo o ferirlo o ridere della Sua sofferenza.


Per questo le agenzie socializzanti devono sempre aiutare il minore a costruire una sana empatia alimentando e coltivando l’intelligenza emotiva dei “propri” giovani.

Quell’intelligenza emotiva che si riassume in una capacità di comprendere e gestire le proprie emozioni in maniera concreta, percettiva e attuativa nonché di percepire e gestire le emozioni dell’Altro.

Aiutare i fanciulli a divenire intelligenti emotivamente è un compito in cui gattostizzito crede concretamente, aiutando la Società nella costruzione di un mondo in cui i giovani provino empatia per l’Altro.

Offrendo a Lui aiuto, soccorrendolo, comprendendolo e accogliendolo.

Disattivando meccanismi violenti in risposta al conflitto.

Trasformando la sofferenza in comprensione.


Perché là dove l’intelligenza emotiva e l’empatia si instillano in un giovane, si coltiva un adulto che non attaccherà o ferirà o riderà della sofferenza dell’Altro.


Davide Perego

Dottore in Scienze e Tecniche Psicologiche

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